Forse oggi Cartesio riformulerebbe la sua massima che esprime l'evidenza attraverso la quale il soggetto pensante coglie il proprio esistere da "cogito ergo sum" ad "appaio dunque sono".
Oppure William Shakespeare trovandosi a vivere nel Mondo Contemporaneo non esprimerebbe più il suo eterno dilemma in "essere o non essere", ma si domanderebbe: "spopolare o essere?".
E noi automi dell'Era Digitale come la pensiamo? Cosa sceglieremmo?
Forse solo gli Eremiti al giorno d'oggi non possiedono uno smartphone (e che sia di ultima generazione per carità!), con il quale essere connessi sempre, perennemente, in ogni istante, in ogni situazione, in ogni luogo con tutti gli altri utenti e fruitori di miliardi di applicazioni e social networks.
Tutti muniti di questo apparecchio sempre più high tech diventato per molti essenziale ed imprescindibile, compagno inseparabile e strumento fondamentale per scalare l'ascesa della popolarità ed emergere dall'"anonimato".
Una questione sorge spontanea: dove arriveremo continuando a seguire questa rotta?
La vita viene oggi forse sempre maggiormente valutata dalla velocità di un tweet, dal numero di followers, dal totale di "amici" e dal conteggio dei "mi piace".
Non serve più la cibernetica perchè noi stessi ci stiamo auto - trasformando in macchine, in produttori di contenuti privi dell'elemento fondamentale: l'anima.
Forse i momenti che costituiscono ogni singola vita hanno perso gran parte del loro immenso valore intrinseco, o meglio, siamo noi che espropriamo il valore dagli istanti costituenti l'esistenza per renderli fotografabili, condivisibili, riproducibili e soprattutto visualizzabili agli occhi degli altri.
Ogni evento della vita diventa oggetto di pubblicazione nell'arena pubblica virtuale nella quale ci si prende a gomitate per raggiungere l'apice della popolarità con i propri contenuti ai quali si cerca di dare un tocco di originalità affinchè rimangano impressi nella mente di più persone ed in questo triste gioco siamo tutti coinvolti, nessuno escluso.
È l'ebbrezza della popolarità facile, del desiderio di vedersi protagonisti dinnanzi a molti con semplici click che ci fa probabilmente partecipare a questo sistema nel quale più pubblichi e più sei.
Ma la vita non è in una delle tantissime storie di Instagram, nelle quali spesso ci si imbelletta per apparire nel migliore dei modi, la vita è la storia che costruiamo ogni giorno osservando gli eventi con i nostri occhi non mediati da un obiettivo fotografico, formata dai nostri sforzi, da quel desiderio di silenzio che riempie, dai dolori e dalle gioie autentiche, dai sorrisi donati e ricevuti, dai momenti vissuti pienamente e non filtrati da ciò che potrebbero vederci occhi altri, diversi dal nostro proprio sguardo.
La vita è di per sé già un meraviglioso contenuto e contenente, contenente tutta la bellezza che aspetta solo di essere ammirata ed apprezzata direttamente, che aspetta di essere colta e non pubblicata.